sabato, luglio 29, 2006

banalità e pippone pseudofilosofico


avvertenze:
questo post è vivamente sconsigliato a chi non ama
i post dei blog lunghi, agli stranieri non in possesso di
una minima conoscenza dell'italiano, agli amici pazienti
che pensano che chi fa il blog è un blog vivente
alle persone semplici e vitali e oneste e...
che non amano perdere tempo dietro i deliri...



sento, sin da piccola, e nei pensieri piccini, che il male
ha in sè una forma di banalità acuta
quello che io stessa bellamente ho definito la banalità del male,
una forma che lo rende
indigesto alle classificazioni, una sorta di facezia, che, è vero,
distrugge con la pesantezza del definitivo ma che non uccide
il sogno profondo, l'energia tonale, la possibilità di trasformazione,
di rinascita
e anche l'efferatezza più crudele si arresta alla soglia
del mondo, al crinale che tracima le cose di nuovo in vita,
dove non c'è appello per il passato ma voce solo per un nome nuovo.
Dunque:
non lo vedo come un'antitesi a ciò che soggettivamente
uno considera buono e bello e giusto e bene,
cio che è male, ciò che va storto sembra più
un modo diverso di essere luce,
ne è quasi
una qualità diversa di stessa sostanza...
il male è compreso nel bene, ne è struttura
solida come mozzo denso e oscuro...
il male per me è banale perchè
è roba facile, è l'altra scelta, è il trarsi e tradirsi di fronte
al bordo, obliquo a se stessi, dove nasce sempre il sole...

questa teoria e convinzione non mi ha però
aiutato negli anni,
primo perchè non era condivisa e condivisibile,
secondo perchè può essere benissimo parte del mio delirio,
terzo perchè sono cocciuta e non mi lascio smontare facilmente
soprattutto adesso dopo la boa (o il boa? eh eh) degli anni,
quindi, una bella collezione di porte chiuse
accompagnata da discese vorticosissime
e salite sisifiche hanno segnato pagine a fumetto scuro
nella mia vita fin qui...
perchè allora non abbandonare la cocciutaggine interpretativa e
adagiarsi bellamente al gioco, alle regole condivise da tutti?
perchè ossessivamente rincorrere parole, persone atti e omissis,
perchè sempra così tutto all'ultimo respiro, per me?
perché, perché, perché, perché credo nel mio intuito, nel mio osservatore
credo fermamente che il
buio va ascoltato, integrato come trama come tantra sacro
di sogno
e per ascoltare, per me, bisogna fermarsi e per fermarsi
bisogna sostare in quella parte dell'essere che finisce e confina con l'invisibile
cioè un pò nell'ombra, meglio se a questo punto assomiglia
il più possibile a quello che crediamo essere noi...
non si creda che disdegni il piacere del sole allo zenith che ruba
regalmente le ombre, lo schiocco delle dita che attiva il fare:
oplà, fatto!
tutto e subito!
anzi, tutt'altro, mi piace la sensazione di una vita facile che fa da edera
al mio presente, mi piace lo scorrere fluido verso...
(in realtà non so verso dove, ma verso va bene!)
ma quel bordo sottile di confine, quella terra
di mezzo, lontana dagli occhi comuni,
quella luce che fa tramonto ed alba insieme e
quegli occhi profondi che ha incontrato nell'amore
di un uomo delle ombre "che cerca l'oscurità presente più ad Est. A realizzare il suo riposo,che viaggiava tutto a nord perchè lì pensava fosse il suo posto"
mi ricorda qualcosa di perduto e abbandonato
qualcosa di profondamente mio,
qualcosa che sento di amare in maniera definitiva
come una ricerca totale di verità, di vuoto
qualcosa ancora che vale la pena per tutto
e quindi alla fine decido sempre che vado...
buffa e rappresa ma tanto me...

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